narrazioni e storie personali
RACCONTI
RACCONTO 1
Storia di un rapporto mamma figlio latte
Eccoci qui. Sei nato. L’infermiere (quello fissato con l’allattamento) ha insistito perché ti attaccassi, l’ho fatto ma non ho capito se bene o male, se poco o tanto.
L’ho fatto più perché me lo ha detto con tono perentorio, e non perché mi venisse spontaneo farlo in questo momento di confusione, stesa su un lettino con un esserino tra le braccia che ancora non ho capito chi sia.
So solo che già mi fanno male i capezzoli, so solo che io, che di bambini so quasi tutto e non sono spaventata dal cambiarti il pannolino o farti il bagnetto, questa cosa non l’ho capita bene: ho saltato l’incontro al consultorio sull’allattamento, non ho fatto in tempo ad informarmi perché presa dal capire come evitare l’episiotomia ed il cesareo, e nei 12 anni di lavoro in casa famiglia allattare è l’unica cosa che non ho dovuto fare con i bambini… almeno non al seno!
Eccoci a casa, calo fisiologico superiore al 10%, mi dicono di darti l’aggiunta per non consumare il plico nucale, mi attacco ad internet, ti do l’aggiunta con una soft-cup, vado al consultorio dove mi dicono attacco perfetto, vado a quello del San Camillo (l’ospedale dove ho partorito) dove mi dicono che l’attacco è perfetto e che però in effetti non prendi peso, tutti mi danno informazioni corrette ma tu non cresci uguale.
Mi tiro il latte e mi stresso perché non ne esce, mi viene la mastite, la febbre, il pediatra mi dispensa consigli inutili e tu non cresci. Le amiche mi dicono di spremere manualmente per decomprimere ma fa male, ho freddo, sono stanca e voglio dormire. Continuo con l’aggiunta, mischio latte mio ad artificiale, la soft-cup mi sporca ovunque il divano. Puzza di latte ovunque e voglia di vedermi grey’s anatomy in pace senza il rumore del tiralatte in sottofondo.
Non che io voglia intestardirmi ma ho bisogno di capire il motivo delle cose, sono abituata così. Se qualcosa non funziona devo comprenderne il motivo, vagliare le varie possibilità e poi, se possibile, trovare la soluzione migliore. Sono una abituata a cambiare l’olio alla moto da sola, a mettere i lampadari dentro casa, a cambiare le prese rotte, non sopporto di non sfruttare al meglio le opportunità, non sopporto chi mi dice “non è possibile” senza avermi dimostrato che proprio non c’è altro modo, prima le devo provare tutte o almeno valutare costo/beneficio del provarci.
E non è che abbia qualcosa contro il latte artificiale, non avrei problemi a dartelo se proprio non ne avessi. Solo dopo diventerò consapevole in questo, solo dopo deciderò di allattarti fino a 27 mesi difendendo con tutti e da tutti quello che riguarda solo me, te e tuo padre. E’ proprio che, anche a livello medico, mi infastidisce pensare che il mio corpo non funge, non mi ha tradito durante il parto… perché non dovrebbe funzionare ora? Il mio corpo è sano, perché non dovrebbe allattare?
E così un giorno mi metto a letto, sotto le coperte calde con te… mi metto a letto per dormire, riposarmi, scordare, dimenticare, sognare, non allattare, non tirare il latte, non pensare. Mi metto a letto con un grande “al diavolo tutti, al diavolo tutto” nella testa. E l’anima in pace, sia quel che sia… e tu da quel giorno ciucci e cresci, cresci e ciucci senza più fermarti per mesi e mesi.
E da quel giorno ti accolgo veramente nella mia vita, non solo con la testa ma anche con il cuore… ed inizio a crescere anch’io.
RACCONTO 2
Una mamma e la sua scelta.
dialogo.
“Non ho allattato, e allora?”. La storia di Anna, libera da pregiudizi e sensi di colpa"
Anna, quando eri in gravidanza pensavi che avresti allattato?
“Certo, vedevo l’allattamento come un gesto piuttosto automatico dopo il parto. Avevo anche sentito racconti piuttosto romantici sul gesto di allattare. Non avevo pregiudizi né remore. O meglio, non avevo avuto nessun pensiero particolare rispetto al fatto di non farlo”.
Quando hai attaccato al seno la tua bimba, la prima volta?
“Dopo un’oretta dal parto. Quando sono rientrata in camera, la puericultrice mi ha consigliato di attaccare mia figlia. Sapevo del colostro, sapevo che la montata sarebbe arrivata qualche giorno dopo. E così è stato. Addirittura, una volta rientrata a casa, sono dovuta tornare in ospedale per un ingorgo mammario. Mi hanno consigliato impacchi d’argilla e docce calde. Era agosto e ho passato un pomeriggio in casa con il seno fuori impiastricciato di argilla. Mi viene da sorridere adesso, ho pranzato in quelle condizioni”.
“Certo, vedevo l’allattamento come un gesto piuttosto automatico dopo il parto. Avevo anche sentito racconti piuttosto romantici sul gesto di allattare. Non avevo pregiudizi né remore. O meglio, non avevo avuto nessun pensiero particolare rispetto al fatto di non farlo”.
Quando hai attaccato al seno la tua bimba, la prima volta?
“Dopo un’oretta dal parto. Quando sono rientrata in camera, la puericultrice mi ha consigliato di attaccare mia figlia. Sapevo del colostro, sapevo che la montata sarebbe arrivata qualche giorno dopo. E così è stato. Addirittura, una volta rientrata a casa, sono dovuta tornare in ospedale per un ingorgo mammario. Mi hanno consigliato impacchi d’argilla e docce calde. Era agosto e ho passato un pomeriggio in casa con il seno fuori impiastricciato di argilla. Mi viene da sorridere adesso, ho pranzato in quelle condizioni”.
È servito, alla fine?
“No, ho spedito il mio compagno in farmacia a comprare il tiralatte. E così ho risolto. Da quel momento ho iniziato ad allattare al seno. Sono andata avanti per una ventina di giorni”.
A richiesta o ad orari?
“A richiesta, così mi avevo insegnato al corso pre-parto, dove avevo anche imparato le posizioni in cui mettere il neonato e anche l’attacco esatto per evitare le ragadi. Ero molto orgogliosa di avere imparato bene. Mia figlia succhiava senza problemi ma appena la staccavo urlava come una pazza. Davo la colpa al fatto che fosse una mangiona”.
Invece?
“Invece alla prima visita la pediatra mi ha detto che non era cresciuta abbastanza. In ambulatorio mi ha proposto la doppia pesata che io a casa mai avevo fatto per evitare di stressarmi. Così abbiamo capito che di latte non ne avevo a sufficienza e la dottoressa mi ha proposto l’integrazione con l’artificiale”.
Hai accettato l’allattamento misto?
“All’inizio sì, non avevo davvero pregiudizi. Ho comprato l’artificiale e ho iniziato con l’aggiunta. La pediatra mi aveva detto di pesare la bimba prima del seno, di allattarla, di ripesarla e di darle l’artificiale per il quantitativo che mancava. Ma dopo qualche giorno ero talmente stressata che ho iniziato davvero a pensare di usare solo l’artificiale. Ogni volta che l’attaccavo al seno andavo in ansia. E di sicuro, se avessi continuato con quella tiritera, avrei trasmesso a mia figlia molta tensione”.
Com’è andata, poi, con l’artificiale?
“Benissimo. Lei mangiava con gusto, si riempiva, a un mese e mezzo di vita dormiva giù dodici ore di fila. Io mi ero tranquillizzata molto, sapevo che lei così si nutriva e cresceva. Senza contare che potevo lasciarla per qualche ora senza il problema di dover correre da lei perché doveva mangiare. E per una neo-mamma questo è il massimo”.
Si è ammalata come dicono, tua figlia?
“Pochissimo. Ha iniziato a frequentare il nido a cinque mesi e il primo anno ha preso una febbre leggera una volta. Ora ha cinque anni ed è stata a casa malata in media una volta all’anno. Non so se è fortuna ma di sicuro non posso dire che il fatto di non essere stata allattata al seno le abbia tolto qualcosa dal punto di vista della salute”.
E la vostra relazione, com’è?
“E’ una mammona che mai. Ha una libreria più grossa della mia, ho cominciato con la lettura ad alta voce quando aveva pochi mesi. Insieme siamo sempre andate a nuotare, a fare i laboratori. Con lei ho sempre avuto un rapporto epidermico: baci, coccole, massaggi. Non credo che l’amore e l’educazione passino solo attraverso il latte. E non penso di averle fatto mancare qualcosa”.
A richiesta o ad orari?
“A richiesta, così mi avevo insegnato al corso pre-parto, dove avevo anche imparato le posizioni in cui mettere il neonato e anche l’attacco esatto per evitare le ragadi. Ero molto orgogliosa di avere imparato bene. Mia figlia succhiava senza problemi ma appena la staccavo urlava come una pazza. Davo la colpa al fatto che fosse una mangiona”.
Invece?
“Invece alla prima visita la pediatra mi ha detto che non era cresciuta abbastanza. In ambulatorio mi ha proposto la doppia pesata che io a casa mai avevo fatto per evitare di stressarmi. Così abbiamo capito che di latte non ne avevo a sufficienza e la dottoressa mi ha proposto l’integrazione con l’artificiale”.
Hai accettato l’allattamento misto?
“All’inizio sì, non avevo davvero pregiudizi. Ho comprato l’artificiale e ho iniziato con l’aggiunta. La pediatra mi aveva detto di pesare la bimba prima del seno, di allattarla, di ripesarla e di darle l’artificiale per il quantitativo che mancava. Ma dopo qualche giorno ero talmente stressata che ho iniziato davvero a pensare di usare solo l’artificiale. Ogni volta che l’attaccavo al seno andavo in ansia. E di sicuro, se avessi continuato con quella tiritera, avrei trasmesso a mia figlia molta tensione”.
Com’è andata, poi, con l’artificiale?
“Benissimo. Lei mangiava con gusto, si riempiva, a un mese e mezzo di vita dormiva giù dodici ore di fila. Io mi ero tranquillizzata molto, sapevo che lei così si nutriva e cresceva. Senza contare che potevo lasciarla per qualche ora senza il problema di dover correre da lei perché doveva mangiare. E per una neo-mamma questo è il massimo”.
Si è ammalata come dicono, tua figlia?
“Pochissimo. Ha iniziato a frequentare il nido a cinque mesi e il primo anno ha preso una febbre leggera una volta. Ora ha cinque anni ed è stata a casa malata in media una volta all’anno. Non so se è fortuna ma di sicuro non posso dire che il fatto di non essere stata allattata al seno le abbia tolto qualcosa dal punto di vista della salute”.
E la vostra relazione, com’è?
“E’ una mammona che mai. Ha una libreria più grossa della mia, ho cominciato con la lettura ad alta voce quando aveva pochi mesi. Insieme siamo sempre andate a nuotare, a fare i laboratori. Con lei ho sempre avuto un rapporto epidermico: baci, coccole, massaggi. Non credo che l’amore e l’educazione passino solo attraverso il latte. E non penso di averle fatto mancare qualcosa”.
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